La fiamma della sensualità accesa da un incontro avvenuto per caso. (Ma il caso esiste?)
Di malavoglia mi spogliai e mi misi sotto al getto bollente della doccia respirando il profumo speziato del bagnoschiuma. Decisi di vestirmi in modo semplice. Mi infilai un paio di jeans e una maglia nera a maniche corte che cadeva morbida sui fianchi e si apriva in una scollatura ampia che lasciava esposta la pelle liscia e chiara del decolleté. L’immagine che lo specchio aveva rimandato dei miei seni sodi un po’ compressi che ammiccavano dall’orlo della maglia, aveva prodotto in me una sensazione positiva, un piccolo brivido di malizia e sicurezza. Di colpo, mi era tornata la voglia di uscire. Capelli sciolti, una passata di rimmel, un filo di rossetto ed ero pronta. Arrivata al 39 – così chiamavamo l’enorme casa di Davide a via Baldelli, che in quegli anni era stato il rifugio preferito di decine di amici che vi approdavano ad ogni ora del giorno e della notte nelle più svariate e indegne condizioni – non sapevo bene cosa aspettarmi. Ad aprire la porta venne Davide, lo abbracciai, baciai circa una decina di persone tra amici e conoscenti e decisi poi di abbandonarmi all’atmosfera soffusa ma vivace che riempiva ogni stanza, grazie anche al sottofondo di musica jazz – il padrone di casa suonava il sax ed era ossessionato da John Coltrane – che dava al contesto un tocco raffinato e sensuale. Mi sentivo finalmente alleggerita e mi apprestavo a lasciarmi andare alla serata, quando il mio sguardo, vagando per la stanza e tra i visi delle persone presenti, approdò sui capelli ricci e neri di un ragazzo seduto di profilo accanto alla finestra. Avvertii una morsa in mezzo al petto, il respiro strozzato per un attimo. Lo riconobbi. Non sapevo cosa fare, come muovermi, se andargli incontro oppure scappare, quando lui si girò verso di me. In un attimo eravamo occhi negli occhi. Io non mi mossi di un centimetro e non abbassai lo sguardo, lui fece altrettanto. Percepivo l’aumentare dei battiti dentro al petto e una gocciolina di sudore percorrere la schiena. E già capivo ciò che stava succedendo. Poi vidi il suo sorriso aprirsi e percepii le mie labbra arricciarsi verso destra, lo fecero da sole le bastarde, fanno sempre così. Senza chiedermelo assumono quell’impercettibile espressione che anticipa un sorriso imbarazzato, uno di quelli che pur volendo non si è capaci di trattenere. Uno di quei sorrisi che lui conosceva fin troppo bene. Si alzò per venirmi incontro e mentre si avvicinava a passi lenti guardando a terra e strofinando con una mano il colletto della camicia – tempo prima diceva di odiarle, le camicie – osservavo il suo viso spigoloso e intenso, i suoi occhi piccoli e chiari, così vivi che solo a pensarci mi sentivo morire. Si avvicinava e io sentivo già la sua mano sul viso, il profumo della sua pelle, il suo palmo grande che dalla guancia scendeva giù fino al collo, dove appoggiava avido le sue labbra per poi portarle sulle mie con un bacio lungo, umido. Sentivo la sua stretta violenta, che non lasciava scampo. Vedevo e sentivo tutto questo con la certezza e la paura che non avremmo potuto evitare di ricaderci, nonostante i vari tentativi di distacco, nonostante non ci vedessimo da oltre nove mesi. Uscimmo sul balcone e fumammo una sigaretta, poi mi guardò con quel suo sguardo sagace che ero incapace di rifiutare, di allontanare.
“Sei molto bella stasera”.
“Bella camicia” gli risposi soffiando via il fumo dell’ultimo tiro.
Poi un desiderio travolgente dei nostri corpi avvinghiati e sudati, del peso del suo corpo nudo a bloccare il mio, delle sue mani a scivolare ovunque sulla mia pelle e nelle pieghe più nascoste, demolì definitivamente qualsiasi indugio rimasto.
Avremmo passato la notte insieme.
Thanks